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La ricetta del Pan di Spagna di Luca Montersino per uno stampo da 24 cm

27 lunedì Ott 2014

Posted by non siamo food blogger in Preparazioni di Base

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Pan di Spagna di Luca Montersino

Pan di Spagna di Luca Montersino

A volte basta un nome per dischiudere un mondo straordinario di colori, profumi e sapori. Sicuramente è il caso del Pan di Spagna, una delle preparazioni dolciarie italiane più conosciute al mondo. Come tutte le celebrità, anche il Pan di Spagna ha la sua storia che, col passare del tempo, ha assunto le mirabili sfumature della leggenda. Possiamo dire con certezza che nel ‘500 era già conosciuto in quanto lo troviamo tra le leccornie offerte a Castel S. Angelo in onore dei figli del duca di Baviera. Secondo la tradizione però, la vicenda che ha reso famoso questo dolce iniziò pressappoco a metà ‘700, quando la Repubblica di Genova affidò al marchese Domenico Pallavicini il delicato incarico di ambasciatore presso la Corte Spagnola di Madrid. Il mandato era considerato di grande prestigio presso le Famiglie Patrizie della città, e con la nomina del Pallavicini – molto considerato da Re Ferdinando IV – la Repubblica certamente sperava di intensificare i traffici commerciali e marittimi con la Spagna. Alla partenza, oltre a diversi consiglieri e diplomatici, l’illustre ambasciatore portò con sé il personale di casa: maggiordomo, portantini, camerieri, cuochi e aiuto cuochi. Tra questi era presente Giovanni Battista Cabona, giovane pasticcere già al servizio da anni presso la facoltosa famiglia. L’ambasciatore rimase presso la Corte di Ferdinando IV dal 1747 al 1749, e fu proprio in occasione di un ricevimento che il Pallavicini chiese al fidato pasticcere di preparare un dolce diverso dal solito per impressionare il monarca spagnolo. Partendo dal classico Biscotto di Savoia, con la sola manipolazione degli ingredienti, il Cabona creò una basta battuta, smisuratamente leggera ed incredibilmente delicata. Al momento dell’assaggio, tanto fu il favore e l’entusiasmo, che la Corte Spagnola decise di battezzare tale squisitezza col nome di Génoise, dal quale derivò poi la versione semplificata che tutti apprezziamo e conosciamo col nome di Pan di Spagna. Vediamo ora i consigli di Luca Montersino per poter preparare un ottimo Pan di Spagna, come dettagliatamente spiegato nel suo libro “Peccati di Gola”. Innazitutto, come per tutte le cose semplici, la qualità degli ingredienti è essenziale ma, allo stesso modo è fondamentale la razionale sbattitura che non deve essere lenta perché non incorpora abbastanza aria, né violenta poiché non ne permette l’omogenea incorporazione e quindi la formazione uniforme degli alveoli. La sbattitura prolungata infine rompe eccessivamente la rete proteica, facendo perdere consistenza al dolce. Ma cosa avviene durante la cottura? Il calore permette all’aria incorporata di espandersi, consentendo la regolare alveolatura e la successiva coagulazione perfetta delle proteine. In pratica, spiega Montersino, il Pan di Spagna altro non è che schiuma d’uovo stabilizzata. Considerato che nelle ricette di alta pasticceria il peso delle uova è sempre espresso in grammi e vista la loro importanza per la buona riuscita del Pan di Spagna, è utile conoscerne la grammatura: 1 uovo intero = 50 gr, 1 tuorlo = 20 gr, 1 albume = 30 gr. Per ottenere un Pan di Spagna un po’ più pesante e con alveolatura più fine possiamo aggiungere più tuorli. Al contrario, per avere un Pan di Spagna più leggero e con alveoli più grandi aggiungeremo più albumi. In entrambi i casi la dose massima è 1/3 del peso delle uova. Al fine di realizzare un Pan di Spagna più gustoso e friabile, meno secco ed elastico, è possibile aggiungere del burro, che sia sciolto ma non bollente ed aggiunto alla fine del processo di montatura. L’unica accortezza da seguire è amalgamarlo molto bene ad una piccola quantità di composto e poi unirlo accuratamente alla rimanenza, questo per favorirne l’assimilazione e non smontare l’impasto. Veniamo ora alla ricetta, con le dosi che seguo abitualmente per una teglia da 24 cm. Naturalmente per un Pan di Spagna più sviluppato verso l’alto possiamo mantenere le quantità ed utilizzare uno stampo da 22 da 20 cm.

Ingredienti per uno stampo da 24 cm:
200 gr di uova intere
140 gr di zucchero
120 gr di farina debole
40 gr di fecola di patate
Un pizzico di vaniglia

Versare in un pentolino le uova con lo zucchero e la vaniglia e scaldare fino a raggiungere la temperatura di 45°C (per sciogliere bene lo zucchero in modo da ottenere una montata migliore). Versare il tutto in una planetaria e montare fino ad ottenere un composto chiaro e spumoso, finché “scrive” (io ho montato per circa 15 minuti). Quando il composto è ben montato, toglierlo dalla macchina ed aggiungere la farina setacciata con la fecola mescolando con una spatola dal basso verso l’alto per non smontare il tutto. Versare immediatamente l’impasto nello stampo imburrato e cuocere a 190° per 20-25 minuti (controllare la cottura perché ogni forno è diverso dall’altro). Far raffreddare e… scatenate la vostra fantasia!

Pan di Spagna di Luca Montersino

Pan di Spagna di Luca Montersino

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Plumcake zucca e amaretti con cuore di cioccolato (senza burro)

16 giovedì Ott 2014

Posted by non siamo food blogger in Dolci senza burro, Plumcake, Ricette con la Zucca

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Plum cake alla zucca

Sfogliavo pigramente vecchie raccolte fotografiche – sia classiche che telematiche – ricordando con un mezzo sorriso quando festeggiavo Halloween in America, dove la ricorrenza è diventata talmente radicata e famosa che quasi dimentichiamo la sua origine irlandese (come abbiamo raccontato nel nostro post Biscotti morbidi zucca e cioccolato … a taste of Halloween). Mi avevano miracolosamente concesso qualche giorno di ferie per Halloween e avevo deciso, insieme alla mia amica Violet di New York, di visitare il New England in uno dei periodi più belli dell’anno. Quale momento migliore, pensai quindi, per visitare il luogo che di Halloween aveva fatto la sua bandiera? Stiamo naturalmente parlando di Salem, ordinata cittadina del Massachussets, che della “Caccia alle Streghe” aveva fatto un’attrazione turistica e che proprio ad Halloween si preparava per l’annuale assalto dei turisti. Provammo – senza troppa convinzione – a cercare un albergo in città ma alla fine fummo costrette a ripiegare sul paese più vicino. Notammo subito che i cittadini del luogo erano molto ben organizzati proponendo – soprattutto di sera – svariate attività come visite guidate presso le “Hauted Houses”, puntatine agli antichi cimiteri dei pellegrini, breve crociera delle cosiddette “Coste Infestate”, diversi spettacoli che ricordano le vicende 1692 e – per finire – una camminata lungo i luoghi protagonisti del “Witchcraft Hysteria” con guida in costume che ci narra gli i fatti avvenuti. Il centro inoltre straripava di infiniti e coloratissimi negozi che vendevano gadgets, maschere, costumi, ciondoli, essenze profumate, sfere di cristallo, pozioni, libri ed ogni sorta di “oggetto magico”. La città intera era in festa, gremita di una folla allegra e spumeggiante, e tutto ciò grazie alla capacità di rinnovo ed al fiuto per gli affari tutto americano. La fama sinistra di cui gode Salem deriva, come abbiamo già detto, da un’isterica Caccia alle Streghe avvenuta tra il 1692 ed il 1693. Quell’inverno alcune ragazze cominciarono a riunirsi per gioco cercando di prevedere il loro futuro. La rudimentale sfera di cristallo altro non era che un albume d’uovo sospeso in un bicchiere pieno d’acqua. Una di loro, Sarah Cole, dichiarò al processo di averci visto dentro uno spettro sotto forma di bara. In seguito le giovinette, tra cui la figlia e la nipote del parroco, iniziarono a comportarsi in modo strano: si lasciavano cadere a terra gridando, camminavano carponi emettendo suoni gutturali oppure rimanevano a lungo in silenzio fissando il vuoto. Molto preoccupato da questo eccentrico comportamento il reverendo chiamò il dottore del villaggio che tentò di curare le due ragazze con delle medicine, senza però alcun risultato. I due uomini dovettero concordare, alla fine, che si trattava certamente di un maleficio. Altre giovani cominciarono a comportarsi allo stesso modo: Mary Walcott e Susanna Sheldon ebbero le convulsioni, Ann Putman camminava a quattro zampe con strane movenze animalesche. Gli abitanti del villaggio premevano perché la faccenda fosse subito chiarita. Le ragazze coinvolte furono interrogate alla Casa delle Adunanze di Salem Villagge e vennero incitate a fare i nomi delle streghe o di coloro che erano posseduti dal demonio. Il 2 giugno entrò in aula Bridget Bishop, anch’essa sospettata di stregoneria in quanto gestendo una taverna ed indossando biancheria di pizzo urtava l’etica puritana. Fu giudicata colpevole e giustiziata il 10 giugno sulla sommità di una collina, oggi chiamata “Gallow Hill”.La Caccia alle Streghe diventò presto un fenomeno di proporzioni gigantesche, la strategia delle ragazze era sempre la stessa: gridavano il nome di una persona, la quale naturalmente al primo interrogatorio negava e quindi le adolescenti ricominciavano con i soliti attacchi isterici. Questa spirale di interrogatori, processi e condanne portò all’impiccagione di 19 persone, di cui almeno tre stimate e rispettate fino a quel momento. La febbre della Caccia alle Streghe portò inoltre all’arresto di oltre un centinaio di persone, durante i processi i raccolti e gli animali furono abbandonati, perché i proprietari erano in carcere o magari erano alle udienze per godersi lo spettacolo. Le forti critiche espresse dal reverendo Mather spinsero il governatore Phips a bloccare i processi. Il 12 ottobre il governatore britannico proibì ogni ulteriore incarcerazione o processo per stregoneria e sciolse la Corte. Ciononostante all’inizio del 1693 una Corte straordinaria riesaminò i casi di 52 persone: 49 detenuti furono assolti e a tre condannati fu commutata la pena, da allora non si verificò più alcun caso di stregoneria. Logicamente anche in Italia ci furono delle condanne per stregoneria, in posti più vicini di quello che possiamo pensare, come Cassano d’Adda o come il più famoso processo a Triora, in Liguria. Forse dovremmo seguire anche noi l’esempio di Salem, per riscoprire le mille sfaccettature della nostra storia e, perché no, per guadagnare denaro con quella che è la nostra più grande risorsa: il turismo. Vediamo ora la ricetta del Plum cake alla zucca con cuore di cioccolato.

Ingredienti:

Per il plumcake:
280 gr di zucca (peso a crudo) già cotta in forno e frullata
120 gr di zucchero
200 gr di farina 0
50 gr di farina di farro integrale
2 uova
60 ml di Olio EVO (nel mio caso autoprodotto)
20 amaretti sbriciolati
Una bustina di vanillina
Un pizzico di sale
Un cucchiaio di limoncello (in questo caso homemade)
Una puntina di cannella, di zenzero e di noce moscata

Per il ripieno:
150 gr di un formaggio morbido tipo Philadelphia
60 gr di zucchero fine tipo Zefiro
100 gr di cioccolato fondente fuso
Una manciata di amaretti e cereali da colazione triturati
Un pizzico di vaniglia
Un cucchiaio di liquore alla ciliegia

Per la copertura:
60 gr di zucchero a velo
40 gr di cacao amaro
Acqua bollente
Una noce di burro (facoltativo)

Versare le uova e lo zucchero in una capiente terrina e montarle a lungo finché diventano chiare e spumose. Aggiungere l’olio, il sale e il limoncello continuando a mescolare. Incorporare ora la zucca cotta e frullata insieme agli amaretti finemente sbriciolati continuando a rimestare. Unire infine le farine setacciate con il lievito, le spezie e la vanillina lavorando l’impasto dal basso verso l’alto.
Per il ripieno:Far sciogliere il cioccolato a bagnomaria tenendo il fuoco basso. Nel frattempo versare in una ciotola la Philadelphia, lo zucchero, il liquore e la vaniglia insieme agli amaretti e ai cereali accuratamente triturati. Mescolare per bene il tutto in modo da ottenere un composto ben amalgamato. Controllare il cioccolato e, quando è ben sciolto e cremoso, aggiungerlo al resto degli ingredienti rimestando velocemente. Versare circa la metà dell’impasto in uno stampo da plum cake già imburrato, rovesciare sopra il ripieno al cioccolato e versare nuovamente l’ultima parte di impasto. Cuocere a forno già caldo a 180° per 40/45 minuti.
Per la copertura (ricetta presa da Cookaround): Portare ad ebollizione poca acqua, al contempo mischiare molto bene lo zucchero a velo con il cacao amaro. Versare 2 cucchiai d’acqua nella ciotola con gli ingredienti secchi e girare fino ad ottenere una glassa liscia e senza grumi. A questo punto aggiungere una noce di burro a temperatura ambiente (nel caso si desideri ottenere – come me – una glassa più dura e compatta). Ricoprire completamente il plumcake (ormai freddo) con la glassa e lasciar riposare in frigo per un paio d’ore.

Plum cake alla zucca

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Torta al cioccolato senza uova e burro, umida e soffice come la versione classica!

09 giovedì Ott 2014

Posted by non siamo food blogger in Dolci al Cioccolato, Dolci e Torte per la Colazione, Dolci senza burro, Torte

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TortaCioccolatolight

L’autunno è una delle mie stagioni preferite, quell’autunno che sa ancora un po’ d’estate e, anche se le giornate si accorciano, riusciamo ancora ad apprezzare le sfumature oro e rosa del crepuscolo, mentre possiamo magari approfittare dell’occasione per una bella corsetta rigeneratrice. Quell’autunno che porta con sé tanti meravigliosi colori caldi – che adoro utilizzare anche nel make-up – come l’ocra, il bronzo, il rame, il cremisi, il porpora, i toni di verde scuro, i marroni accesi come il terra di Siena bruciata e naturalmente tutte le tonalità del vinaccia e del borgogna. Troppo presto però il cielo si nasconde dietro un manto plumbeo e pesante, che fare allora per risollevare un po’ lo spirito? La finestra di casa o dell’ufficio diventa come un teatro senza più luci e colori, mentre noi guardiamo da lontano con uno sguardo quasi ipnotizzato. Quando è possibile per “risollevarmi” mi piace ascoltare un po’ di musica, ma quel genere di musica che ti fa quasi toccare lo Spazio con un dito, come – solo per citare un paio di nomi – i Pink Floyd o Mike Oldfield. Naturalmente bisogna trovare un adeguato accompagnamento a questa musica tanto bella, qualcosa di altrettanto “leggiadro” ma allo stesso tempo impeccabile nella sua semplicità. Di nuovo il cioccolato, o per meglio dire il cacao, è venuto in mio aiuto e di nuovo mi assale la curiosità di conoscere un pochino meglio questo meraviglioso ingrediente. Le origini del cacao sono già state illustrate brevemente nel nostro post sulla Torta magica al cioccolato e caffè ma, facendo qualche ricerca e scorrendo un po’ in avanti con i secoli ecco che incontriamo il nome di Cristoforo Colombo. Il grande navigatore ebbe l’occasione di assaggiare una bevanda a base di cacao nel 1502 durante il suo quarto ed ultimo viaggio in America, dove sbarca in Honduras. Facendo ritorno presso la corte di Ferdinando ed Isabella portò in omaggio alcuni semi di cacao, ma allora nessuno diede peso alla scoperta, forse a causa del sapore amaro della bevanda. Fu il conquistatore spagnolo Hernàn Cortès il primo ad intuire il potenziale del cioccolato quando, nel 1519 approdò in Messico proprio sullo stesso tratto di costa da cui era fuggito il dio piumato Quetzalcoatl, che secondo la leggenda avrebbe fatto ritorno proprio quell’anno. Non c’è da stupirsi quindi se Montezuma, vedendo Cortès adorno di oro e piume, lo scambiò per il dio serpente finalmente tornato. L’imperatore lo accoglie con tutti gli onori e, invece dell’oro gli dona delle fave di cacao che sollecitano immediatamente la curiosità di Cortès e che sembrava valessero più dello stesso oro. Il conquistatore spagnolo si impadronisce di tutto il territorio ed inizia a piantare ovunque alberi di cacao, convinto che quest’ultimo lo avrebbe reso ricco tanto quanto l’oro. Gli spagnoli impararono in fretta ad utilizzare le fave di cacao come moneta e si abituarono alla strana bevanda amara offertagli dagli Aztechi. Cortès comprese in poco tempo che il cioccolato aveva proprietà nutritive, energizzanti e stimolanti e, quando nel 1528 fu richiamato in patria portò con sé alcune fave di cacao da offrire all’imperatore Carlo V. Gli spagnoli sostituirono il pepe e il peperoncino con vaniglia, zucchero, anice e cannella rendendo così la bevanda particolarmente dolce e gradevole ai palati degli aristocratici spagnoli. La strada era ormai spianata: per tutto il ‘500 il cacao ed il suo commercio furono monopolio esclusivo degli spagnoli. E’ incredibile pensare che inizialmente il cioccolato deve la sua popolarità all’uso che se ne faceva come medicinale: era apprezzato per le sue funzioni digestive, nutrienti, antidepressive e stimolanti. Ecco infine la ricetta…

Ingredienti (io ho utilizzato una teglia quadrata 20 x 20):
400 gr di latte
150 gr di farina
50 gr di fecola
50 gr di cacao
50 gr di olio EVO (nel mio caso autoprodotto)
1 bustina di lievito per dolci
1 bustina di vanillina
1 cucchiaio di crema liquorosa cioccolato e caffè (facoltativo)

Setacciare la farina, la fecola, il cacao, il lievito, lo zucchero e la vanillina. Rovesciare il latte in una capiente terrina insieme all’olio ed al liquore. Aggiungere gradatamente gli ingredienti secchi fino ad ottenere un composto liscio ed omogeneo, il risultato sarà piuttosto liquido. Versare nella teglia imburrata e cuocere a 180° per 40 minuti circa (vale la solita prova stecchino). Si può accompagnare con marmellata di arance, confettura di lamponi oppure una crema al latte con fragole.

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